Dormire bene non solo è importante per poter affrontare le giornate in maniera produttiva, ma anche per favorire la ripresa e il recupero delle energie che sono state spese durante la giornata.
Come hanno dimostrato numerosi studi di settore – tra cui quello condotto da National Sleep Foundation – è fondamentale non solo curare l’aspetto quantitativo del risposo (che rimane un aspetto di primaria importanza) ma anche qualitativo; a questo proposito è interessante osservare il fenomeno del sonno bifasico, una tecnica che prevede la distribuzione delle otto ore di sonno durante la giornata. Questo espediente aveva naturalmente luogo in passato e, grazie ai suoi vantaggi, è oggi applicata in maniera sistematica da parte di numerosi personaggi di successo – da Margareth Thatcher a Donald Trump per finire con Madonna – che godono degli indubbi vantaggi di questa peculiare alternanza sonno – veglia.
Per comprendere che cosa sia il sonno bifasico è fondamentale partire dalla sua denominazione: infatti, come suggerisce il nome stesso, questo concetto prevede l’articolazione del sonno in due fasi che sono definite asincrone, ovvero non hanno – di solito – la stessa durata, con una prevalenza del sonno notturno rispetto a quello diurno. Si tratta di una pratica utilizzata in maniera non premeditata in passato, tanto che è possibile affermare che i nostri antenati non dormissero quasi mai otto ore consecutive.
Il primo studioso che si è occupato di questo aspetto è stato Roger Ekirch, storico della Virginia Tech University e autore del libro At Day’s Close: Night In Times Past dove affronta la tematica di come venisse vissuta la notte in passato, in particolare prima della rivoluzione industriale. Il libro è diviso in quattro parti, e l’ultima sezione descrive il sonno in quei contesti ormai lontani. Nella pubblicazione di Erick del 2001 viene affermato che gli uomini, in passato, distribuissero le ore di sonno in maniera diversa rispetto a quanto accade oggi, per garantire una buona alternanza tra ore di riposo e di lavoro: accadeva quindi che le canoniche otto ore di sonno venissero distribuite in due fasi da quattro o cinque ore ciascuno (denominate “primo sonno” e “secondo sonno”).
La giornata dei nostri avi si concludeva poco dopo il calare del sole quando, a causa della mancanza di energia elettrica, erano costretti a coricarsi, seguendo maggiormente i ritmi imposti dalla natura. Dopo circa quattro ore, si svegliavano per svolgere alcune mansioni come pregare, meditare, svolgere piccole attività domestiche o strategiche quali mantenere il fuoco acceso o stare di vedetta, per poi coricarsi nuovamente fino al sorgere del sole.
Il sonno bifasico era quindi uno stato naturale, dettato e prodotto dalle condizioni ambientali esterne che suggerivano di riposarsi in mancanza di sole. Per questo, anche se può sembrare paradossale, la pretesa contemporanea di dormire otto ore per notte consecutive appare come una forzatura rispetto a quanto la Natura suggerisce.
Il sonno bifasico costituiva per i nostri antenati un vantaggio indiscusso poichè permetteva loro di ottimizzare le ore di sonno ed essere molto più produttivi durante il giorno. Inoltre, grazie alla distribuzione delle ore di riposo durante la giornata, la qualità del sonno era migliore e, riducendo complessivamente il senso di stanchezza, aumentava il livello di concentrazione.
Al giorno d’oggi, il sonno bifasico si scontrerebbe con consuetudini radicate nella società tra cui le ore di lavoro canonicamente stabilite dalle 9 alle 18 con solo un’ora di pausa pranzo. Inoltre, come accennato, un ulteriore problema che non rende attuabile questa tecnica è l’inquinamento luminoso. Come rileva uno studio di Science Advances del 2017, la superficie della terra costantemente illuminata è aumentata – dal 2012 ad oggi – del 2.2% l’anno; questo fenomeno, oltre a causare ripercussioni sulle migrazioni degli uccelli e sull’ecosistema degli insetti, influenza negativamente la produzione di melatonina.
Questo ormone, in condizioni standard viene prodotto a partire dalle 21 dal nostro organismo, garantendo il naturale addormentamento circa un paio di ore dopo: tuttavia, il ritmo circadiano (chiamato anche sonno-veglia), regolato dalla produzione di melatonina, subisce delle profonde modifiche quando ci si trova in un ambiente esposto alla luce solare per periodi di tempo superiori al normale. Per questa ragione è fortemente consigliato a chi soffre di insonnia di evitare il contatto con dispositivi elettronici per almeno 1 ora prima di coricarsi, a causa della luce che emettono.
Tuttavia, qualora si desideri provare a cimentarsi con il sonno bifasico, sarà sufficiente riprendere gli orari utilizzati dai nostri antenati, tenendo presente che si verificherà una fase di assestamento di circa 1 mese in cui potranno essere rilevati l’aumento della stanchezza e irritabilità. A fronte di questi momentanei svantaggi, gli aspetti positivi riscontrabili saranno, oltre al miglioramento della concentrazione e della produttività, anche una maggiore qualità del sonno: infatti, l’organismo umano, una volta abituato all’alternanza bifasica, si forzerà ad entrare subito nella fase REM del sonno, quella più profonda e che garantisce un maggior riposo.
Soprattutto nel periodo di assestamento è fondamentale fornire al nostro corpo il giusto sostegno sia grazie al materasso adeguato che ad un cuscino comodo: per scegliere quello che si adatta maggiormente alle tue esigenze, rivolgiti a Tempur che – grazie al suo vasto assortimento – potrà aiutarti nella scelta.
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